In altri precedenti contenuti abbiamo già trattato dell’argomento. Abbiamo seguito l’evolversi della materia, analizzando i benefici e gli sviluppi del tema.
Ad oggi procedere alla rivalutazione dei beni di impresa è una possibilità da tenere in considerazione. Gli effetti benefici di breve e lungo periodo sono diversi e darebbe modo anche di conferire nuovo valore ad assets posseduti dall’impresa ma già pienamente ammortizzati o rimasti ancora celati (stiamo parlando del know how).
Ogni soluzione va naturalmente valutata, soprattutto in questo equilibrio instabile. Analizziamo il caso tipo di un’impresa che possa intraprendere questa strada. Si troverebbe infatti davanti ad un incrocio a quattro vie: vediamo quali!
In questo caso si perde l’opportunità di avvalorare gli asset dell’impresa migliorandone anche la percezione.
E’ una strada percorribile ad esempio nel caso in cui sia prossima una successione, preferendo optare quindi per il mantenimento di un valore del patrimonio contabile più contenuto.
E’ l’ipotesi di rivalutazione gratuita, ma come tale non dà diritto a poter usufruire dei benefici fiscali. Inoltre implica un disallineamento.
Questo è il caso ideale ad esempio per quelle aziende che necessitano creare una riserva a copertura di una perdita o comunque orientati a migliorare il bilancio, senza alcun interesse particolare per i benefici.
L’aliquota è del 3%, rendendo di fatto la misura fortemente interessante (prima era del 10 e del 12 per cento). In tema di benefici si hanno maggiori ammortamenti deducibili e sulle minori plusvalenze rilevanti.
Rimane la soluzione ideale nel caso in cui non si sia interessati alla distribuzione della riserva generata.
Nel caso in cui si sia interessati alla possibilità di poter fruire di riserve libere da distribuire. L’onere resta l’applicazione di un’aliquota del 10%.
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