E’ stato pubblicato in Gazzetta ed è entrato in vigore il 17 aprile il Decreto Ministeriale del 10 febbraio 2022 che istituisce un regime di aiuto per gli investimenti innovativi sostenuti da MPMI italiane per la trasformazione tecnologica digitale, l’economia circolare e la sostenibilità energetica.
Sono 677 i milioni destinati a sovvenzionare i progetti delle micro piccole e medie imprese italiane sotto forma di contributi in conto impianti, con una copertura massima del 60% delle spese sostenute.
I programmi di investimento dovranno essere successivi alla presentazione della domanda ed esaurirsi entro dodici mesi dal provvedimento di concessione.
Il nuovo regime di aiuto, le cui specifiche verranno rese note con successivo provvedimento e che sarà gestito da Invitalia, è finalizzato a sostenere i programmi di investimento ad elevato contenuto tecnologico, in grado di favorire la transizione verso il paradigma dell’economia circolare e migliorare la sostenibilità energetica dell’impresa.
Come accennato, i programmi di investimento dovranno essere coerenti con il piano Transizione 4.0, vertendo su una o più delle seguenti tecnologie abilitanti:
Potranno accedere alla misura le micro, piccole e medie imprese italiane, purché in contabilità ordinaria e con due bilanci approvati.
A seconda della localizzazione aziendale, il decreto suddivide il territorio nazionale in due zone: A e “zone diverse dalle zone A”.
Nella zona A troviamo le regioni Molise, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna.
Nelle altre zone troviamo le regioni Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Toscana, Trentino Alto-Adige, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto.
Gli investimenti, dovranno essere finalizzati allo svolgimento delle attività manifatturiere e alle attività di servizi alle imprese.
Restano esclusi i settori siderurgico, del carbone, della costruzione navale, delle fibre sintetiche, dei trasporti e delle relative infrastrutture, della produzione e della distribuzione di energia e delle infrastrutture energetiche. Inoltre, sono escluse tutte le attività che non siano in grado di garantire il rispetto del principio DNSH.
I piani di intervento devono prevedere l’utilizzo di tecnologie abilitanti, non possono prevedere misure di adeguamento a vincoli normativi ed essere diretti ad:
I programmi di investimento realizzati nelle zone A devono prevedere spese comprese tra 500 mila euro e tre milioni oppure fino all’80% del fatturato dell’ultimo bilancio approvato e depositato.
Nelle altre regioni, le spese ammissibili devono prevedere un minimo di un milione di euro e un massimale di 3 milioni ovvero l’80% del fatturato dell’ultimo bilancio approvato e depositato.
Tra le spese ammissibili troviamo i beni materiali, opere murarie (max. 40%), programmi informatici e licenze, certificazioni ambientali.
Come accennato in precedenza, l’incidenza del contributo cambia a seconda della localizzazione dell’investimento.
Nelle regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, il contributo massimo è del 60% delle spese per le micro e piccole imprese e del 50% per le medie.
Nelle regioni Basilicata, Molise e Sardegna, il contributo massimo è del 50% delle spese per le micro e piccole imprese e del 40% per le medie.
Nelle rimanenti regioni il contributo massimo è del 35% delle spese per le micro e piccole imprese e del 25% per le medie.
Sono previste premialità in caso di ultimazione dei lavori in 9 mesi piuttosto che 12 e in caso di possesso del rating di legalità.
Maggiori informazioni sono fornite nel decreto del 12 aprile, che indica anche l’apertura dello sportello. Dal 18 maggio le imprese potranno infatti presentare i loro progetti.
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