Siamo già all’ennesima rivoluzione industriale? E’ passato solo qualche anno dalla c.d. Industria 4.0 e siamo già ad un nuovo capitolo?
E’ vero che ormai le tecnologie presentano un alto tasso di obsolescenza ma in questo caso non ci troviamo davanti a nessuna rivoluzione, ma a rispondere alle esigenze naturali del nostro sistema: l’utilizzo razionale ed efficiente delle risorse.
Il termine “Industria 5.0” viene coniato nel 2015 da Michael Rada, il quale sostiene un ritorno alla centralità dell’ambiente e delle persone nel processo industriale. Un anno dopo ritorna sull’argomento Keidanren, la più importante federazione imprenditoriale giapponese, idealizzando una Società 5.0: una società che cerca di bilanciare lo sviluppo economico con la risoluzione dei problemi socio-ambientali, in cui le tecnologie vengono usate non solo per profitto, ma per migliorare la qualità della vita di ogni cittadino. Nel 2018, Esben H. Østergaard, co-inventore dei cobot UR, sostiene che l’industria 5.0 è “il ritorno del tocco umano nella produzione”.
Ricordiamo che l’Industria 4.0 è caratterizzata dalla connessione e digitalizzazione, la creazione di fabbriche veramente intelligenti con sistemi cyber-fisici e la comunicazione attraverso Internet e ancor più specificamente l’Internet of Things.
La domanda viene spontanea: se l’Industria 4.0 non si è ancora concretizzata e non è lo standard, come è possibile già parlare di Industria 5.0? La risposta è semplice: il precedente paradigma non considerava la scarsità delle risorse e non aveva il pollice verde.
Mentre fino a poco tempo fa si era impegnati nella digitalizzazione e a raggiungere l’obiettivo dell’efficientamento produttivo, sul lato politico, già nel 2015, l’ONU aveva condiviso l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, un programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi, da raggiungere appunto entro il 2030.
Il 2030 è anche l’anno in cui molte città mirano ad essere a carbon neutrality, mentre per tutta Europa l’obiettivo è raggiungibile entro e non oltre il 2050. Ma con le criticità ambientali e socio-politiche in corso, praticamente siamo già in ritardo. Pertanto è necessario indirizzare sin da subito gli stakeholder al raggiungimento di questi obiettivi, abbracciando il paradigma dell’Industria 5.0.
Quindi si alle produzioni digitali ed efficienti, purchè impattino poco sull’ambiente e valorizzino le risorse, attraverso lo sfruttamento dell’economia circolare e delle energie rinnovabili.
Il Governo italiano è già al lavoro per concretizzare la declinazione italiana del paradigma.
Ricordiamo che il piano Industria 4.0 ha comportato un’impennata degli investimenti e un forte slancio per l’industria, tanto da riuscire a resistere all’ondata pandemica. Ma ora non è possibile non investire su misure ad hoc per incentivare la transizione green del tessuto imprenditoriale. Si perché per quanto l’importanza della sostenibilità sia palpabile, essere sostenibili non è sempre per tutti. Sul tavolo di lavoro sono stati previsti 5 miliardi di euro, da sfruttare insieme alla ridefinizione del PNRR, per creare un pacchetto di misure con aliquote molto simili a quelle del credito investimenti 2022. L’obiettivo sarà quello di sostenere gli investimenti che hanno un reale ritorno in termini di sostenibilità ed efficientamento energetico, già da quest’autunno con l’introduzione di misure ad effetto retroattivo.
Per poter riuscire a dimostrare l’apporto in termini di sostenibilità ed efficienza, è fondamentale avere una fotografia dello stato dell’arte aziendale. Gli strumenti principali possono essere una diagnosi energetica degli stabilimenti produttivi e un rating ESG, una valutazione del grado di sostenibilità dell’azienda.
Il rating ESG inoltre, rappresenta una valutazione aziendale a 360°, valutando sia l’impatto ambientale, che le sfere di Social e Governance. La sostenibilità infatti non si declina solo negli aspetti green ma anche nelle decisioni e nelle strategie prese a livello organizzativo.
E’ ormai imprescindibile adottare un approccio ESG, soprattutto in vista degli obblighi di adozione di un bilancio di sostenibilità diretti o indiretti tramite clienti e banche.
Accesso alle misure agevolative, premialità di punteggio, linee preferenziali di accesso al credito, maggiore vantaggio competitivo, maggiore produttività, premialità negli appalti: sono solo alcuni dei benefici portati dall’essere sostenibili. Abbracciare la sostenibilità non può essere più solamente un modo di fare impresa ma sarà l’unico modo di fare impresa. E sarà necessario rendicontarlo annualmente, al pari del bilancio di esercizio. Il bilancio di sostenibilità è un documento già da ora essenziale per poter trarre i massimi profitti dalla propria attività, inoltre è un documento estremamente strategico, poiché consente di avere una visione e un’analisi di variabili fino ad ora poco considerate, grazie alle quali è possibile ri-organizzare la propria struttura in maniera consapevole e realmente efficiente.
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