L’articolo 1, comma 15, lettera b), della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017), ha apportato significative modifiche alla disciplina del credito d’imposta per ricerca e sviluppo, in particolare per quanto concerne la ricerca commissionata.
Nello specifico, è stato previsto che il credito di imposta spetta anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati compresi nell’elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996.
Con la circolare n. 13/E del 2017 è stato altresì chiarito che la nuova disposizione si applica anche nell’ipotesi in cui il contratto sia stipulato con una parte correlata (ad esempio, tra la società capo gruppo estera e la società controllata italiana dedita alle attività di ricerca e sviluppo), nonché nel caso in cui le spese agevolabili siano sostenute da una stabile organizzazione in Italia in esecuzione degli accordi intercorrenti con la casa madre estera.
I predetti chiarimenti di prassi risultano applicabili all’ipotesi di attività di ricerca e sviluppo commissionata a società residente in Italia da società estera statunitense, che è socio unico della società commissionaria e alla quale la società commissionaria riaddebita i costi della suddetta attività di ricerca.
Al riguardo si fa comunque presente che l’articolo 8 del decreto legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96 (c.d. decreto dignità) ha stabilito, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data della sua entrata in vigore, che non si considerano ammissibili al beneficio i costi sostenuti per l’acquisto, anche in licenza d’uso, dei beni immateriali di cui al comma 6, lettera d) dell’articolo 3, derivanti da operazioni infragruppo.
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