La fase transitoria del dazio ambientale CBAM istituito dalle Autorità europee è entrata in vigore il 1° ottobre, dando così il via al primo passo di un percorso che dovrebbe portare ad una diminuzione delle emissioni di gas serra del 55% entro il 2030.
Alle aziende che importano determinati prodotti da Paesi terzi (in particolare: ghisa, ferro, acciaio, alluminio, sostanze chimiche, concimi, energia elettrica e cemento), con normative sulle emissioni più permissive rispetto a quella comunitaria, viene ad oggi richiesto di raccogliere, dai propri fornitori extracomunitari, i dati relativi alle emissioni collegate ai prodotti acquistati, per poi procedere alla presentazione di una relazione periodica che viene inviata alla Commissione Europea in modalità telematica.
La prima presentazione di tali rendiconti trimestrali (“Relazione CBAM”) sulle quantità di merci oggetto di importazione e sulle emissioni dirette e indirette collegate, riguarderà le operazioni effettuate dal 1° ottobre 2023 al 31 dicembre 2023, e dovrà essere presentata entro il termine ultimo del 31 gennaio 2024.
È opportuno evidenziare come, nonostante la prima fase transitoria preveda limitati obblighi di rendicontazione per gli importatori, cionondimeno la loro inosservanza può dar luogo all’applicazione di sanzioni di natura pecuniaria.
Le relazioni sopra menzionate, richieste nel corso della fase transitoria, saranno tasselli fondamentali per l’implementazione della fase successiva. Nello specifico, a partire dal 1° gennaio 2026 verrà data attuazione alla fase definitiva del meccanismo in cui le aziende, per effettuare l’importazione di materie prime coinvolte nella normativa e sulla base dei rendiconti precedenti, dovranno acquistare i certificati CBAM, il cui costo sarà calcolato in base al prezzo medio delle quote EU ETS, espresso in €/tonnellata.
La manovra in esame mira così a incentivare i Paesi terzi a innalzare i propri standard produttivi sulla tematica ambientale, nonché a prevenire la rilocalizzazione delle realtà produttive europee in Paesi con criteri ambientali meno stringenti, e rappresenta un passo significativo nell’ambito della lotta ai cambiamenti climatici, contribuendo così ad orientare sempre più l’Unione Europea e gli importatori comunitari verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
Riferimenti:
Dott. Giovanni Cavallini
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